Gli U2, negli anni novanta, hanno rivoluzionato il loro sound puntando ad un rock ricco di contaminazioni di altri generi che li ha portati ad essere spesso “maltrattati” dai fan della prima ora. I quattro irlandesi rimangono però fondamentali sebbene, nei loro più recenti dischi, siano stati spiazzanti e spesso poco incisivi.

Achtung Baby! può essere visto come il lavoro guida che proietta Bono e compagni negli scenari rock attuali, abbandonando quell’impostazione combat-rock, di grande impatto, caratterizzante i primi album della band.

Achtung baby! è un disco essenzialmente europeo, distante anni luce dall’America di The Joshua Tree: ha il sapore della Berlino decadente e della caduta del muro, è spigoloso, ma è il miglior lavoro di rinnovamento stilistico che gli U2 abbiano fatto nella loro lunga carriera, mantenendo le attitudini compositive delle origini e proseguendo nella loro idea di essere genuinamente rock, anche se orientati a toni più riflessivi e mediatici.

Gli U2 con Even better the real thing e Mysterious ways, lasciano spazio a ritmi nuovi e inusuali anche molto ballabili, ma ci sono anche composizioni estremamente rock con tessuti sonori magistralmente confezionati dalle inconfondibili chitarre di The Edge, rivisitate nelle melodie dalla coppia Lanois/Eno e proiettate verso il futuro della band con grande stile: The Fly, singolo apripista è potente, armonioso, esemplare, la voce di Bono è sensualissima ed esplora nuovi sentieri.

L’iniziale Zoo Station, ha un andamento dal sapore industriale, è un pezzo sintetico, ma scorre che è una meraviglia, non sono i Kraftwerk, ma un po’ il pensiero va a loro; la voce di Bono filtrata ed il nuovo sound fa pensare ad un tentativo di modernizzare in maniera estrema i suoni caldi e tradizionali di Rattle and Hum e The Joshua Tree, ma è l’inizio di una nuova era, di nuove soluzioni melodiche, il gruppo diventa spettacolo multimediale mantenendo l’impegno di un messaggio musicale pieno di contenuto.

Riflessive e sognanti sono le ottime Who’s gonna ride your wild horses e Until the end of the world, quest’ultima inserita in versione leggermente diversa, nell’omonimo film di Wim Wenders.

One, So Cruel e Ultraviolet parlano dell’amore e della sua drammaticità, bucano l’intensità di questo disco, con profonde riflessioni, nell’aria si sente l’Europa di Berlino e la sua storia recente; tornano in mente le sensazioni e le melodie dei lavori della trilogia tedesca di Bowie; il fascino dei suoni e delle atmosfere della coppia Lanois/Eno imprimono ad ogni traccia un’identità inconfondibile, tutto è al posto giusto, saldamente collegato in un unico incedere… anche nell’ordine della tracklist.

Il grunge e la musica elettronica, la tecnologia e il crollo del muro, segnano molto il nuovo stile degli U2. L’ispirazione è al massimo, si sta scrivendo un disco epocale, una pietra miliare del rock moderno, senza perdere di incisività e intensità neanche nella bella e conclusiva Love is blindness. The Edge abbandona i classici echi della sua chitarra, sperimenta nuovi suoni, duri, effettati e anche sintetici: rivoluziona il proprio stile, ma non lo rinnega.

Gli U2 sono lontani anni luce dal precedente Rattle and Hum: gli anni ottanta sono finiti, il rock classico è sofferente dinanzi alle nuove tendenze, i sintetizzatori hanno trasformato il modo di suonare, molte grandi band tirano i remi in barca, altre stanno a guardare: gli U2 lanciano la sfida con un album audace e rimangono grandi anche di fronte al grunge e al fenomeno Nirvana.

Indubbiamente Achtung baby! rappresenta un altro vertice compositivo della band, che da un lato disorienta critica e pubblico e dall’altro catapulta la band in un’orbita commerciale di primo piano: sono loro le nuove rockstar di fine millennio. E’ un disco importante per la storia del rock, innovativo e geniale quanto basta per affiancarsi degnamente a The Joshua Tree, quasi fosse “l’altra faccia” di una band che ha così dimostrato di poter fare qualsiasi cosa, che ha dimostrato di potersi rimettere in discussione ed essere sempre al vertice.

Zooropa sarà la coda di questo lavoro, concepito come tentativo di chiudere un‘esperienza, (doveva essere un EP), ma non aggiungerà granché al nuovo corso. Gli U2 sono ormai nell’olimpo rock e li sono destinati a rimanere, senza andare mai oltre … inattaccabili, capaci di sperimentare ogni tipo di soluzione sonora giusta o sbagliata che sia, farsi affossare dalla critica e poi ritrovare il consenso perduto. Il nuovo millennio li consacrerà tra le rock band più seguite dal vivo (e sono davvero bravi e coinvolgenti), ma i loro lavori fino ad arrivare a quelli attuali, saranno sempre molto distanti dal pathos e l’intensità di quei album, che Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen riuscirono a confezionare durante gli anni ottanta e nei primi anni dei novanta.

  1. Zoo Station – 4:36
  2. Even Better Than the Real Thing – 3:41
  3. One – 4:36
  4. Until the End of the World – 4:39
  5. Who’s Gonna Ride Your Wild Horses – 5:17
  6. So Cruel – 5:49
  7. The Fly – 4:29
  8. Mysterious Ways – 4:04
  9. Tryin’ to Throw Your Arms Around the World – 3:53
  10. Ultra Violet (Light My Way) – 5:31
  11. Acrobat – 4:30
  12. Love Is Blindness – 4:23