I Tool tornano con un nuovo lavoro dopo tredici anni di silenzio da 10.000 Days. Nessuno sapeva che sarebbe passato così tanto tempo per rivedere i quattro di Los Angeles lavorare a nuovo materiale.

Sarà stato un vuoto compositivo o l’esigenza di mandare avanti progetti paralleli, ma l’assenza dalle scene dei Tool si è sentita talmente tanto, che tra conferme e smentite, Fear Inoculum, risulta essere uno degli album più attesi del 2019, a quasi trent’anni dall’esordio.

Ci troviamo di fronte ad un disco ben prodotto, suonato alla grande; le cadenze ritmiche dei Tool sono subito riconoscibili, altrettanto le intenzioni progressive del gruppo: il lavoro del chitarrista Adam Jones è preciso e altamente tecnico, un piacere ascoltarlo.

Il disco parte con un gran ritmo, è la title track, lunga e in crescendo, alla Tool insomma, con la voce di Maynard James Keenan che dimostra subito di essere in grande forma. Nonostante i componenti siano tutti ormai sulla cinquantina, l’energia rimane quella di sempre.

Pneuma è il secondo pezzo: anche in questo caso si continua su tempi molto lunghi, molto lungo d’altronde è l’intero lavoro. Qui i ritmi sono più progressive rispetto a Fear Inoculum, ma il lavoro è sempre di livello; a volte sembra di ascoltare soluzioni zeppeliniane (in passato realizzarono una bellissima cover di No quarter). È facile chiudere gli occhi e rimanere avvolti nella trama psichedelica del brano: grande lavoro di Keenan e soci nel costruire queste splendide alchimie sonore.

La lezione art rock – progressive continua con Invincible e Descending, tecnica e innovazione, Tool in fase sperimentale: cavalcate in crescendo con chitarre elettriche a dettare l’andamento dei brani, ma anche trame create ad arte con i sinth che si incastrano perfettamente nella struttura dei pezzi.

Culling Voices rimane sugli stessi livelli, meraviglioso brano in crescendo, sempre oltre dieci i minuti, arpeggio di chitarra che, delicato nel disegnare melodie, pian piano carica il brano fino ad esplodere in un riff rabbioso che trasforma l’umore dell’intero pezzo.

Chocolate Chip Trip sembra proporsi come un brano di passaggio, è breve di durata rispetto al resto del lavoro (sempre oltre 4 minuti) e lascia riposare la chitarra di Jones, i suoni sintetici prendono il sopravvento e tutto si sviluppa attorno ad una ritmica quasi industriale.

Tempest7 chiude l’album tornando alla cifra doppia per quanto riguarda il minutaggio. È una canzone che aggredisce subito in pieno stile Tool: il giusto finale ad un disco atteso che obiettivamente non delude le aspettative.

Fear Inoculum è un disco dei Tool e si sente, ma probabilmente non convincerà parte dei fan del gruppo, perché la lunga gestazione non ha aggiunto grosse novità, sopratutto allo stile e al sound, riaffermando decisamente la propensione dei quattro a spostarsi su scenari progressive metal, interpretato in maniera più lineare rispetto ad esempio a gruppi come i Dream Theater.

È un disco comunque di nicchia, di ottima qualità artistica, lontano anni luce dal rock più popolare, denso e agitato al punto giusto. Un disco che ad ogni nuovo ascolto rende più consapevoli che una nuova dimensione nel rock c’è … ma la sua esplorazione è cosa ancora per pochi: i Tool ci sono riusciti.

  1. Fear Inoculum – 10:20
  2. Pneuma – 11:53
  3. Invincible – 12:44
  4. Descending – 13:37
  5. Culling Voices – 10:05
  6. Chocolate Chip Trip – 4:48
  7. 7empest – 15:43