i Warrior Soul si fanno conoscere da critica e pubblico nel 1990 presentandosi con questo album dal titolo altisonante: “ultima decade, secolo morto”; la band è guidata da Kory Clarke, leader carismatico, autore dei testi e portatore attraverso la musica della band di un messaggio politico sociale forte e chiaro: é l’America di fine anni ottanta.

Kory è un batterista originario di Detroit, legato al movimento punk della sua città, che trasferitosi a New York City, decide di mettere su una band per portare avanti il suo progetto musicale e artistico, fatto non solo di un determinato atteggiamento musicale, ma anche di un messaggio politico – sociale ben preciso.

Assieme a John Ricco, il fedele Pete McClanahan e l’allora ex batterista dei Killing Joke, Paul Ferguson, lavora a questo primo album, concentrando in esso tutto il suo talento artistico e comunicativo.

L’album si apre con I see the ruins, dove nell’intro, Kory canta I am the child of the new generation the product of total frustration: il pezzo è forte e esprime chiaramente l’intento del rocker, sia dal punto lirico che dal punto musicale: cantare per far conoscere, per lanciare un messaggio preciso, per rendere consapevoli del male della società moderna … ed il rock è la colonna sonora adatta allo scopo.

We cry out prosegue energicamente il discorso intrapreso con il brano di apertura: i suoni sono compatti, la band è affiatata e ben si accorda con il canto di protesta di Clarke.

È The Losers ad allentare la tensione, una marcia epica che si snoda nei suoi sei minuti, dove la voce di Clarke disegna melodie cariche di pathos e dalle quali la chitarra di John Ricco sembra volersi liberare.

Con Downtown si torna a picchiare sulle pelli in maniera più decisa ed i riff di chitarra sono quasi percussivi: in questa song come in Superpower dreamland, è evidente l’adorazione del gruppo per i suoni vicini agli Stooges, dove psichedelia e potenza si miscelano ad ottenere nuova energia musicale. Probabilmente sono questi i pezzi migliori dell’album ed il marchio di fabbrica del pensiero di Clarke, mantenuto e sviluppato negli album successivi.

Con Trippin’ on ecstasy ci si immerge nella psichedelia poi con la spoken song Four more years si spengono i motori, ed il cantante di Detroit può soddisfare la sua voglia di comunicazione anche al di fuori del classico canto: sarà poi questo lo stile predominante del suo primo progetto solista.

Blown away e Charlie’s out of prison tornano a caricare il disco di energia e prima della conclusiva In Conclusion, torna la dolcezza con la cupa ballata Lullaby.

Last Decade Dead Century è un album che si distingue nella nutrita schiera di produzioni musicali hard rock del periodo, perché impregnato di riferimenti musicali passati, opportunamente miscelati dal signor Clarke: oltre la vena hard rock classica, nelle tracce dell’album si sentono le influenze dei Joy Division e dei Killing Joke ma anche dei già citati Stooges; le origini punk del leader risaltano prepotenti e il timbro della sua voce è pieno di pathos. Ci sarebbe sicuramente da ascoltare la title track, rimasta inedita fino alla compilation Odds and Ends di alcuni anni dopo, una meravigliosa cupa cavalcata ritmica hard rock con una bellissima esibizione vocale di Clarke (c’è da chiedersi perché è stata scartata dall’album al quale avrebbe dato il nome).

Kory Clarke con questo disco centra sicuramente l’obiettivo di amalgamare un suono rock nuovo e spregiudicato che pesca dal passato e prende le distanze dallo street rock che proprio in quegli anni toccava il vertice di popolarità, lasciando poi velocemente il posto di primo piano al grunge.

Kory ha le idee chiare, sa cosa vuole dire e cosa vuole fare; lo sa fin troppo bene e questo lo porta a non adattarsi al music business, alle logiche di mercato e ad essere quindi poco visibile nello scenario musicale commerciale: le sue produzioni sono quasi di culto e restano aggrappate alla scena underground.

Questo album però ha subito incuriosito critica e addetti ai lavori, facendo pensare subito alla “next big thing” in campo hard rock. Purtroppo non sono bastati gli eccellenti voti delle recensioni e i concerti assieme a Soundgarden e Metallica, per dare la giusta visibilità ad una band e ad un leader, che suonano il rock n’ roll con convinzione e originalità.

Un Last decade dead century non può mancare nella discografia di chi cerca nel rock quel qualcosa in più da tenere gelosamente negli scaffali, tra i masterpiece di questo genere.

Fare rock n’ roll non significa solo dare la giusta potenza e vivacità alle canzoni, ma cercare qualcosa che va oltre la melodia e il messaggio, qualcosa di nuovo che serva a confermare che il rock è libertà di espressione, di idee, di atteggiamento, l’importante è che scorra caldo dentro le vene come se fosse il proprio sangue. Per Kory Clarke è così!

 

  1. I See the Ruins – 4:56
  2. We Cry Out – 5:01
  3. The Losers – 6:16
  4. Downtown – 5:10
  5. Trippin’ on Ecstasy – 4:42
  6. Four More Years – 4:36
  7. Superpower Dreamland – 3:41
  8. Charlie’s out of Prison – 4:50
  9. Blown Away – 3:28
  10. Lullaby – 4:53
  11. In Conclusion – 6:36