Probabilmente sarà la loro forte influenza nello scenario rock di tutti i tempi, forse sarà la tecnica o meglio il personalissimo stile, le doti artistiche e l’energia, forse sarà la varietà delle soluzioni compositive, delle melodie e dei generi affrontati con un approccio che ancora oggi, nonostante gli omaggi inconsapevoli (o non…) di tante band attuali, rimane unico; una cosa è certa … i dischi del Led Zeppelin sono imprescindibili, sopratutto per chi ama riff, chitarre ed eclettismo musicale, per chi ama sognare con la musica … quella vera!!!
Il secondo capitolo della storia del dirigibile arriva con il compito di confermare l’eccellente primo album, che aveva presentato in grande stile le potenzialità della band.
Led Zeppelin II è l’album più omogeneo e intenso della discografia dei quattro inglesi, impastato di un rock/hard rock genuino, nuovo e particolarmente coinvolgente. Led Zeppelin II è un disco rovente, vulcanico, agitato anche nei momenti più tranquilli; grande voce, grande chitarra, grande band.
L’inizio è leggenda; Whole lotta love è un must del rock di tutti i tempi, con l’ugola di Robert Plant che si propone tra le voci più belle e taglienti degli anni settanta, ancora oggi inarrivabile nel suo genere.
What is and what should never be sembra partire senza grandi intenzioni poi si trasforma in un hard rock che strizza l’occhio a melodie beatlesiane; un riff al gusto del blues, scandisce invece l’andamento di The Lemon Song, che nella sua parte centrale cede all’improvvisazione.
Thank you ammorbidisce per qualche minuto lo scorrere del disco: è una ballata tra le più belle e romantiche della storia del rock, con un delizioso arpeggio di Jimmy Page, e le coinvolgenti parole d’amore cantate da Robert Plant.
Con Heartbreaker si riparte in quarta, riff deciso, su un pezzo prettamente hard rock; … poi l’assolo consegna il pezzo alla storia.
Dopo il passaggio veloce e orecchiabile di Living Loving Maid, c’è Ramble On, altro pezzo forte dell’album, semiacustico, dalla partenza folkeggiante, con John Bonham che lavora anche sulle percussioni, con un incedere ritmato, quasi bucolico, che sfocia in un hard rock liberatorio e robusto.
Moby Dick è il sogno di tutti i batteristi rock contemporanei, con l’intro di Page che lascia poi spazio a Bonzo (Bonham) e al suo personalissimo modo di interpretare il ritmo e trattare le pelli, altro marchio di fabbrica degli Zeppelin: è un pezzo che dal vivo renderà omaggio al grande talento del batterista scomparso nel 1980.
Il blues che poi sfuma in hard rock di Bring it on home chiude un capolavoro che è tra i dischi più belli della storia della musica in generale: i quattro interpretano ogni pezzo in maniera vulcanica; anche le esibizioni meno “pesanti” acquistano una forma stilistica unica e robusta, assolutamente in armonia con i pezzi più vivaci.
Con Page grande chitarrista, Plant grande voce, Bonham grande batterista, John Paul Jones che tra basso e piano, esegue un lavoro di rifinitura di altissima qualità, il dirigibile vola alto. Nella semplicità di essere una band, i Led Zeppelin trovano un primo apice compositivo con questo disco, un qualcosa di straordinario che negli anni successivi diventerà ispirazione per numerosissimi gruppi amanti di chitarra, basso e batteria. … un disco che sta là … tra i primi posti … tra i primi pensieri di ogni buon rocker …
- Whole Lotta Love – 5:35
- What Is and What Should Never Be – 4:45
- The Lemon Song – 6:19
- Thank You – 4:49
- Heartbreaker – 4:14
- Living Loving Maid (She’s Just a Woman) – 2:39
- Ramble On – 4:24
- Moby Dick – 4:20
- Bring It on Home – 4:21