I dischi dei King Crimson portano con se qualcosa di magico e misterioso, talmente profondi e particolari, che si leggono come un libro di favole. Difficile pescare un album nella loro discografia che non sia stato concepito con cura maniacale dal principale artefice di questa creatura musicale, ovvero Robert Fripp,
Nel mucchio, senza considerare il mastodontico In the Court of Crimson King, questo Red dalla copertina così essenziale, e dalle tonalità molto scure, interrotte solamente dalla vivacità del titolo scritto in rosso, sembra essere un buon esempio di come la musica della band londinese, abbia magistralmente rotto le regole del progressive rock classico, orientandolo ad una concezione più moderna, ma sempre altamente curata.
Con Red i Kc rimangono in tre: il violinista David Cross, abbandona per altri progetti musicali, anche se in questo disco compare assieme ad altri turnisti, tra i quali il sassofonista Ian McDonald. Il gruppo con questo album si congeda dagli anni settanta; é la fine di una fase dell’ambizioso progetto di Fripp.
La title track Red é uno strumentale che apre l’album, é la soluzione giusta per invitare all’ascolto di questo lavoro: l’esibizione é riservata ai tre titolari del gruppo, tanta energia con chitarre molto nervose ed incalzanti; é un sound che strutturalmente rispetta i canoni progressive ed ai quali i King Crimson hanno abituato i loro estimatori, ma qui appaiono induriti e vorticosi, intenti a cercare soluzioni differenti,
Si va avanti con Fallen Angels e i suoni cambiano, si dà spazio ad una ballata pacata e dai toni chitarristici quasi pop, dove è presente un elegante lavoro di Fripp che si alterna tra le corde acustiche e quelle elettriche.
One more red nightmare cerca con la sua evoluzione nervosa di disegnare un percorso duro e graffiante tra cambi di tempo e distese strumentali. È in primo piano in questo brano anche il sassofono di Ian McDonald che magistralmente si sincronizza con l’esibizione del gruppo.
Il violino di Cross introduce invece la lunga Providence e l’incedere quasi sinistro e solitario delle sue melodie dissonanti, guida la prima parte del brano. Ad un certo punto la macchina del Re Crimisi accende i motori, si scalda ed il pezzo prende le sembianze di una lunga cavalcata di rock duro con grande lavoro di Bruford alle pelli e Wetton al basso.
La conclusiva Starless è un’altra perla dell’album; si parte con un atteggiamento molto ordinato, con un riff piacevole e delicato, dove la voce di Wetton si innesta senza grande difficoltà, poi il sax e la chitarra di Fripp iniziano a rincorrersi nel cuore del pezzo. Un brano dall’esordio malinconico che doveva essere inserito già nel precedente omonimo album, ma che puoi ha trovato giusta collocazione in questo lavoro.
Red è un album intenso, un punto di arrivo dal sapore leggermente cupo e malinconico, proprio a voler sottolineare l’esigenza di una pausa del progetto King Crimson.
Fripp metterà a riposo la sua creatura fino al successivo Discipline del 1981, consegnando alla storia della musica un album per un certo senso precursore delle sonorità che si sarebbero sviluppate alla fine dello stesso decennio.
Anche se non è il disco fondamentale dei KC, Red è il ponte naturale di un importante approfondimento stilistico della band, che abbandona un’idea di sound, molto legato, anche se rivisitato, alla cultura rock degli anni settanta, spostandosi su uno scenario completamente diverso che sarà degnamente approfondito negli anni ottanta con Discipline, Beat e Three of a perfect pair, albums che sperimentano soluzioni compositive con i nuovi sound moderni.
Un disco semplicemente moderno molti anni prima di diventarlo …

- Red – 6:16
- Fallen Angel – 6:03
- One More Red Nightmare – 7:10
- Providence – 8:10
- Starless – 12:16