Che Brian Eno sia un grande produttore oltre che un grande artista, lo sanno tutti: ci sono dei lavori che lo dimostrano senza ombra di dubbio. Remain in light ne è grande testimonianza.
I Talking Heads sono alle prese nel 1980 con il quarto lavoro, dopo aver sfornato, nel 1977, l’esordio con la loro famosissima Psicho Killer, e altri due buoni album nei due anni successivi e sempre con la coproduzione di Eno.
Il parto di quello che si chiamerà appunto Remain in light, sarà alquanto complesso: la band sente la necessità di rinnovare il proprio sound, anche spinta dalle esperienze personali dei componenti. Il lavoro sarà lungo e sperimentale, ma il risultato sarà eccezionale e accolto positivamente dalla critica
Il bisogno di rinnovamento porta il gruppo newyorkese, con l’aiuto di Eno, a studiare una possibile nuova esperienza compositiva e la scelta cade sulla poliritmia, tecnica ampiamente utilizzata nelle melodie e percussioni del continente africano.
La tecnica, innovativa per il tempo, negli anni avvenire, grazie all’uso dei computer riuscirà ad essere sviluppata in maniera più decisa e verrà introdotta all’interno di diversi lavori musicali anche di matrice rock.
La poliritmia porta i nostri a costruire strutture di brani altamente ritmati e con sequenze che si ripetono per l’intera durata del pezzo; si segnano così i primi passi nell’uso dei loop all’interno dei brani; il suono dei Talking si colora di intense sfumature funk che si armonizzano con l’attitudine post punk della band.
I brani sviluppati sono complessi da assemblare, ci si preoccupa anche della loro riproduzione dal vivo, viene ampliata la formazione, specialmente nella sezione ritmica; viene chiamato a contribuire il chitarrista Adrian Belew.
Il lavoro è intenso, i Talking ci credono fino in fondo, le parti vocali richiedono un duro lavoro di Byrne, che deve imparare a “fraseggiare” con la struttura stilistica di questi brani.
È un album che pullula di ritmi tribali, condito comunque sin dalla prima traccia di quella ondata wave / post punk che stava avanzando decisa nel mondo della musica rock e della quale i nostri si erano fatti portatori già dai primi album.
E allora l’iniziale Born under punches assieme a Crosseyed and Painless, The Great Curve con la chitarra energica di Belew, la conosciutissima Once in a lifetime, il funky di Houses in Motion e il cupo brano di chiusura The overload (sembra con quest’ultimo di ascoltare i Joy Division) vanno a creare l’essenza di un lavoro fondamentale della storia del rock, un lavoro che si proietta al di là delle epoche musicali con una vena futuristica già dalla copertina tecnologica, un disco che deve essere ascoltato almeno una volta per capirne l’importanza nello sconfinato panorama della musica moderna.
- Born Under Punches (The Heat Goes On) – 5:46
- Crosseyed and Painless – 4:45
- The Great Curve – 6:26
- Once in a Lifetime – 4:19
- Houses in Motion – 4:30
- Seen and Not Seen – 3:20
- Listening Wind – 4:42
- The Overload – 6:00